Domenica 30 ottobre lancette indietro di un’ora, intanto si riaccende il dibattito sulla possibilità di mandare definitivamente in pensione l’ora solare
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Mantenere l’ora legale tutto l’anno, estenderla oltre la scadenza del 30 ottobre o procedere come di consueto? Torna puntuale il dibattito sull’ora legale e sui benefici che mantenerla in vigore potrebbe apportare, sia in termini ambientali che economici. Si tratta davvero di una questione così rilevante? Perché allora non è ancora stata presa la decisione? Vediamo meglio di cosa si tratta e - dati alla mano - quali sono i risparmi effettivi.
Ora legale e solare: la storia
L’idea di spostare avanti le lancette di un’ora per sfruttare maggiormente la luce del sole ha almeno duecento anni. Curiosamente, il promotore è stato uno dei padri degli Stati Uniti d’America, Benjamin Franklin che, per tutta la sua vita, si è mostrato molto attento alla scienza e all’elettricità. Nel suo saggio "Un progetto economico per diminuire il costo della luce", pubblicato nel Journal de Paris (1784), Franklin propone di avanzare di un’ora le lancette. L’idea è destinata, però, a giacere negli archivi per oltre un secolo: fino al 1906 quando William Willett, un politico inglese, la rilancia sul tavolo della Camera dei Comuni come soluzione per il risparmio energetico. Sono necessari altri dieci anni e una Guerra Mondiale per farla diventare realtà, dall’Inghilterra all’Italia. La soluzione, però, rimane temporanea e i diversi governi, anche quelli italiani, decidono a fasi alterne se introdurre o eliminare l’ora legale, fino al 1996 quando, anche nel nostro Paese, la decisione diventa definitiva. Dal 1996, infatti, l’alternanza dell’ ora legale e di quella solare si estende in tutta Europa, anche se mal digerita, soprattutto dagli stati del Nord. L’ultima tappa della diatriba risale al 2019 con il voto del Parlamento Europeo che decide per l’adozione definitiva dell’ora legale, suffragata da una consultazione popolare, mai così ricca di partecipazione. La stabilizzazione sarebbe dovuta avvenire già l’anno successivo, ma la pandemia ha spinto la questione a essere rimandata almeno fino ad oggi quando, a causa della crisi energetica, è tornata d’attualità.
Perché esiste l’ora legale?
L’idea alla base dello spostare in avanti le lancette degli orologi è sempre la stessa dai tempi di Benjamin Franklin: sfruttare il sole un’ora in più quando si è ancora al lavoro. Certo, ai tempi di Franklin i benefici di tale decisione erano nettamente maggiori: le strade erano (scarsamente) illuminate, utilizzando le lampade ad olio e un rientro dal lavoro con il chiaro significava anche una maggior sicurezza. Oggi, soprattutto con l’avvento delle lampadine a basso consumo, la questione sembra decisamente meno pressante. Anzi, in molti hanno sottolineato come il risparmio di un’ora di luce possa essere vanificato da altri consumi, come ad esempio - in estate - i condizionatori tenuti accesi per più tempo. Sarà davvero così?
I risparmi dell’ora legale
Per fortuna abbiamo dati certi su cui basarci per cercare di dirimere la questione. Secondo i più recenti calcoli di TERNA, società che gestisce la rete di trasmissione nazionale, nei 7 mesi in cui viene adottata l’ora legale vengono risparmiati 420 milioni di kilowattora, pari a circa 200 mila tonnellate di emissioni di anidride carbonica in atmosfera. Un dato che, spiega ancora Terna, corrisponde all’incirca al fabbisogno medio di 150mila famiglie. Numeri che, letti così, non dovrebbero dare spazio ad ulteriori discussioni. In realtà, se proiettiamo lo stesso dato sul fabbisogno nazionale di energia, che nel 2021 in Italia è stato di 310 tWh, ci accorgiamo che il risparmio è veramente esiguo: 420 milioni di kilowattora corrispondono a 0,42 tWh, pari allo 0,13% del fabbisogno. Un risparmio, dunque, esiste e, per quanto esiguo, rimane utile. Tuttavia, quanto viene risparmiato, non è in grado di incidere in modo significativo sui consumi. É per questo che efficienza energetica e fonti rinnovabili si confermano ancora una volta le uniche soluzioni possibili, non solo per far fronte alla crisi energetica ma, nel lungo periodo, anche per contrastare il cambiamento climatico.