Il Rapporto ASviS 2023 fotografa una situazione difficile per l’Italia che rischia di mancare la maggior parte degli obiettivi. Risulta necessaria un’accelerazione.

Se l’Italia fosse uno studente, dovrebbe subito impegnarsi in quanti più corsi di recupero possibili, perché i debiti non si traducano in una sonora bocciatura. A metà del percorso dell’Agenda 2030 – dall’approvazione nel 2015 sono, infatti, trascorsi sette anni – il quadro per il nostro Paese è decisamente negativo. Secondo le analisi raccolte nel Rapporto ASviS 2023 compilato dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), l’Italia è lontana dal raggiungere la sufficienza piena rispetto ai 17 Obiettivi (Sustainable Development Goals – SDGs) prefissati per la fine del decennio. Rispetto al 2010, la situazione è (leggermente) migliorata per otto obiettivi, è rimasta stabile per tre ed è addirittura peggiorata per sei. Per 14 dei 33 target valutabili con indicatori quantitativi, è già stata issata bandiera bianca: raggiungerli sarà pressoché impossibile. 

Nello specifico gli indicatori elaborati dall’ASviS mostrano peggioramenti rispetto al 2010 per la povertà (Goal 1), i sistemi idrici e sociosanitari (Goal 6), la qualità degli ecosistemi terrestri e marini (Goal 14 e 15), la governance (Goal 16) e la partnership (Goal 17); una sostanziale stabilità per gli aspetti legati al cibo (Goal 2), alle disuguaglianze (Goal 10) e alle città sostenibili (Goal 11); miglioramenti molto contenuti (inferiori al 10% in 12 anni) per sei Obiettivi (istruzione, parità di genere, energia rinnovabile, lavoro dignitoso, innovazione e infrastrutture, lotta al cambiamento climatico) e aumenti di poco superiori per due (salute ed economia circolare). 

Per ciò che concerne la dimensione che ci riguarda più da vicino, quella energetica, la situazione appare in chiaroscuro. Secondo quanto riportato nel documento, tra il 2010 e il 2020, si registra un andamento positivo costante, almeno fino al 2021 quando, con la ripresa economica post-pandemica, l’indice registra un peggioramento, tornando ai livelli antecedenti il 2019: si riduce al 19% la quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo lordo (la produzione rimane stabile, mentre il consumo aumenta) e l’efficienza energetica torna ai livelli del 2017. Nel 2022 si assiste, invece, a un netto miglioramento grazie a un nuovo aumento dell’efficienza energetica (+6% rispetto all’anno precedente), mentre la quota di rinnovabili rimane stabile. Una situazione che, al momento, non ha ancora permesso di imporre la giusta spinta alla diminuzione delle emissioni che rappresenta, a oggi, una delle massime sfide per il nostro Paese. L’ASviS ha questo proposito ha inserito tra le 13 politiche “trasformative” diverse proposte che guardano alla transizione energetica: aumentare al massimo la produzione di energia elettrica rinnovabile e rendere più ambizioso il PNIEC, investire nella rigenerazione urbana e nella transizione ecologica delle città e delle altre aree territoriali, ma anche investire in infrastrutture sostenibili, orientare il sistema produttivo verso l’Industria 5.0, potenziare la ricerca e l’innovazione

Infine, c’è un altro dato che bisogna considerare e su cui l’Italia deve recuperare in fretta terreno: il disincanto, se non l’aperto scetticismo, sui temi ambientali. La percentuale dei concittadini che hanno smesso di credere alla possibilità di vivere in un mondo più sostenibile è salita al 22% (dal 13% di tre anni fa). Cresce il numero di chi si disinteressa alle politiche relative al cambiamento climatico e, in alcuni casi, va a ingrossare le fila dei negazionisti. Uno scetticismo che necessita di una risposta decisa e soprattutto operativa. Da questo punto di vista, i segnali positivi non mancano: la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile approvata il 18 settembre scorso dal Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica (CITE) appare come la prima importante ricaduta in termi legislativi di quanto affermato in Costituzione. Nel 2022, infatti, la modifica della prima parte della Carta costituzionale ha previsto l’inserimento, tra i compiti della Repubblica, della tutela dell’ambiente, degli ecosistemi e della biodiversità “nell’interesse delle future generazioni”. 

 

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